[…]
Quella sera Marta, non era pienamente cosciente di quel che stava facendo, ma si sa in vino veritas. Quindi lasciandosi guidare da quell’istinto che l’alcol le dettava, senza opporre resistenza si mise davanti al PC. Era in uno stato di confusione totale, come se qualcuno dentro lei stava trovando la forza al suo posto, per fare ciò che avrebbe dovuto fare già da molto tempo. La testa le girava e aveva la sensazione di braccia e gambe pesantissime, come se da un momento all’altro sarebbe svenuta. Senza pensare affatto, apri il browser sul PC ed entrò nel sito di login della sua mail. Non fu per niente facile digitare correttamente indirizzo e password. Sbagliò la prima volta e sbuffò seccatamente. La seconda imprecò alzando le mani al cielo, chiedendo anche scusa. Il terzo tentativo sembrò quello giusto. Ringraziò puntando il dito al cielo farfugliando qualcosa di incomprensibile, rise di quella cosa che riuscì a capire solo lei e ,senza perdere tempo e con decisione e determinazione che non erano certamente della sua natura da sobria, iniziò a scrivere una nuova mail.
A: dario1979@Virgilio.it
Oggetto : Stavo pensando…
(Inizio battitura mail ore 21.35)
Stasera ho bevuto. In realtà ho iniziato nel tardo pomeriggio.
Non la solita birra, nel senso di quantità intendo…
non una… non due… di più… considera che dopo la terza ho smesso di contare.
Ma non importa questo.
Importa che non farò errori. Perché tu lo detesti.
Lo so. Quindi starò attenta a non commetterne.
(Anche se so perfettamente che domani quando tornerò sobria me ne pentirò per averti elogiato con questa mail della mia “presenza” . Ma ORA mi va così. Domani sarà domani. Ma quel che conta è ORA. Domani farò i conti con me stessa. Stanne certo.)
Stavo pensando che, con tutta la birra che ho mandato giù e che si fa spazio nei miei organi vitali, ti penso. Cioè… non che ti sto pensando ora e prima di iniziare a bere la birra non lo stessi facendo, o che prima di oggi non lo abbia fatto ieri, l’altro ieri e anche la settimana scorsa
No Dario… ti penso sempre. Sei un chiodo che martella in testa.
Stavo pensando a “noi” . Quel “noi” che mi ero inventata. Quel “noi” che con fervida immaginazione albergava SOLO nella mia testa. Quel “noi” che mi faceva stare bene. Cioè che poi eri tu solo in realtà. Nel senso che quella parte di me c’è stata, perché c’eri tu nella mia vita.
Ora sono tornata ad essere una donna anonima, usata e rifiutata. Ancora una volta.
Conta solo una cosa , che in quel breve ma intenso tempo che ci sei stato, hai avuto la pazienza di farmi stare bene. Perché lo hai fatto “soffrendo”, in quanto ero solo un peso per te. (Lo so ti sto annoiando, o forse sarai arrabbiato, se così fosse perdonami. Però chi meglio di una donna ubriaca può dire la verità? Nessuno. O forse si : un uomo anch’esso ubriaco oppure un bambino!)
Stavo pensando a quante cose non ti ho mai detto, per timore, per mancanza di coraggio o per la diversità di “grado” che avevamo. In realtà una delle tante , ora posso dirtela. Ora che non è neanche più una domanda, ma una certezza. La certezza che per te non contavo come donna, ne ti servivo come schiava. Di questo me ne dispaccio. Però comprendo che è giusto. Una donna sposata, con tre figli e conosciuta in un sito di incontri a pagamento, che ruolo può avere nella vita di un uomo come te? Nessuno. Se non quello di un passatempo breve e momentaneo.
Stavo pensando a quelle volte che mi fissavi negli occhi e mi chiedevi -《che hai? Eh!》- e io rispondevo sempre – 《niente…》- in realtà pensavo a cose (come quella riportata sopra) che dette in quel momento ci avrebbero allontanato ancora prima del previsto. In realtà sapevo che , la risposta che ti davo serviva solo ad illudere me stessa. La realtà è che non volevo perderti. Invece poi è accaduto lo stesso.
Stavo pensando a cosa ho sbagliato, dove ho sbagliato, quando ho sbagliato e perché ho sbagliato. Probabilmente potrei rispondere ad ognuno di questi miei dubbi. Ma se fossi stato tu a sottolineare ogni mio errore, mi sarebbe senz’altro servito da “lezione”. Magari non sarei cambiata, ma sicuramente avrei cercato di fare del mio meglio per provarci.
Stavo pensando a tutte le volte, che in realtà per paura ti perderti mi aggrappavo a basi, fatte di carta pesta marroni, che avevo la forma di scogli, che solo con le mie lacrime si sono sfaldate.
Stavo pensando che quando mi sono ritrovata la carta sbriciolata tra le mani, mi sono guardata intorno con occhi disperati, disorientati e destabilizzati in cerca di te. Ma tu eri già troppo lontano per potermi aiutare, tanto che non mi hai sentita neanche urlare.
Stavo pensando che, finché in lontananza riuscivo a vederti, sono rimasta esattamente ferma in quel punto, dove mi avevi lasciata e ti ho aspettato. Nel frattempo la carta se l’è portata via il vento. La gente mi è passata accanto ma io avevo lo sguardo solo sulla tua sagoma che si faceva sempre più piccola. Non immagini nemmeno quanto ho peccato di presunzione, convincendomi che saresti tornato. Ma nulla. Finché sei diventato un puntino sempre più lontano. Che col tempo non ho più visto, ma che non ho dimenticato. Non sempre smettere di vedere o sentire qualcuno è sinonimo di dimenticare.
Stavo pensando a quanto è stata dura dovermi rialzare e metabolizzare che non c’eri più. Così ho capito che se avessi iniziato a scrivere di te mi avrebbe senz’altro aiutato. In parte è stato così, ma ho iniziato col piede sbagliato, mandandoti quella lettera di auguri carica di rabbia. Ma tanto lo sai che in realtà non ti ho davvero augurato NESSUNA di quelle cose. L’unica cosa giusta in quella lettera è la safeword scritta in stampatello maiuscolo sparsa per la lettera. Quella mi è servita per “sentirmi libera”.
Stavo pensando che, non è che mi piaci è che sto proprio in fissa con te. Probabilmente per il potere che hai avuto di possedermi la mente, come mai nessuno aveva fatto prima d’ora, tanto che le mie scelte e i miei bisogni non contavano. Ma contavi solo tu. Anche se non sono stata brava a dimostrartelo.
Stavo pensando a quanto sei bello, tipo che neanche lo so descrivere. Non è una bellezza tipo : “WOW” no! è una bellezza diversa. Sei proprio bello nella mente oltre che fisicamente, tipo da… non esiste termine adatto per descrivere appieno lo stupore che intendo. Potrei inventarlo ora sul momento un termine… ma non renderebbe neanche l’idea.
Poi nonostante tutto sei una persona come poche al mondo. Ma non sto ad elencarti tutte le qualità che hai. Alla fine che importanza ha il pensiero di una donna come me? Nessuno.
Stavo pensando a quanto spensierati siano stati quei giorni passati con te, perché questo che sto per dirti sicuramente lo sai, infondo sei stato la “luce” in fondo al tunnel dopo chilometri e chilometri di galleria, e non conta se ora tutto è tornato più buio di prima, conta che almeno per un po quella “luce” mi ha tenuto compagnia, mostrandomi cose che nell’oscurità mi era impossibile vedere. Almeno se un giorno dovessi uscire nuovamente dal tunnel, saprò già cosa ci troverò fuori. Stavolta però è giusto che trovi da sola la via d’uscita. E sono positiva. Ci riuscirò.
…e niente… anche se ho bevuto un po troppo, domani mi passa.
Ma tu, come quella luce che un giorno spero di ritrovare da sola, non passerai mai.
(Fine battitura mail 21.59)
(Fine correzione mail 23.33)
Soddisfatta del suo operato inviò la mail dopo averla riletta così tante volte che poteva giurare di saperla a memoria.
Spense il PC e fu un miracolo che riuscì a raggiungere il divano, dove Morfeo la stava attendendo.
[…]
Fatti , luoghi e persone descritte in questo testo sono frutto dell’immaginazione.
Ogni riferimento reale a fatti, luoghi e persone è puramente casuale.